Un bel giorno, stanco della routine della GDO, Raffaele Piano da Apricena, si risvegliò con un’idea in testa. E diede vita ad un sogno, il primo di tre, come dice lui. Quello realizzato. Una storia italiana, pugliese, meridionale, che sa di buono. Un percorso che si dipana dall’assioma qualitativo, in base al quale uno non vale l’altro.
Quest’anno ha scelto, scientemente, di presentare la sua linea di paste alimentari e di farine a qualità immacolata in uno dei suoi luoghi del cuore, il ristorante “Antica Cucina” di Barletta, con l’adesione convinta del suo patron di sala, Lello Lacerenza, ed il dominus di cucina, Pino Vivo, ambedue folgorati dalla passione di Piano.
Che oggi ha un piano: costruire un mulino, nel quale molire i suoi grani antichi plurivarietali. Raffaele fa un ragionamento, in base al quale la biodiversità si alimenta della casualità e della stagionalità. Gli antichi, quelli che per intenderci hanno tramandato la pianta di Cerere a noi contemporanei, non potevano permettersi di perdere raccolti per scelte monovarietali. Per questo motivo, le sue farine, prive delle ricadute nefaste del Glyphosate e affini, sono frutto di un mix senza precedenti di biodiversità, una materia viva. Tant’è vero che, per un bisticcio linguistico molto maliardo, la pasta si chiama, per l’appunto, “èViva”.
Ci ha tenuto a precisarlo, nell’incontro con gli amici di sempre e con le colpevoli assenze dei ristoratori, fermi ancora su posizioni di difficile decodifica: “Se guardate la mia pasta – ha detto – vi renderete conto già dall’impatto visivo di quanto essa sia diversa, colorimetricamente, dalle altre paste alimentari alle quali il consumo di massa ci ha abituato”. E va giù pesante, contro i mercanti del grano all’ocratossina: “Sono loro – ha puntato il dito – i veri responsabili dell’impoverimento del microbiota intestinale, la nostra barriera verso le malattie.”
E dire che tutto era iniziato per gioco. Piano era stato il primo profeta della micorizzazione in terra fauna, quel principio, alla base dell’agricoltura 2.0, secondo il quale il benessere di una pianta parte dalla buona salute del proprio apparato radicale. Tanta acqua (o tanto olio) è passato dall’esordio, ma la sua peranzana rimane una specie di feticcio per gli intenditori dell’oliva profumata che cresce alle pendici del Gargano, proposta, quest’anno, in un’inedita veste retrò con la quale un banale bag-in-box si trasforma in un oggetto di design, come fosse una vecchia radio ad onde corte.
L’ultimo suo sogno è vedere i propri desideri cullati dalla propria progenie. C’é sempre tempo per il futuro, però.
www.agricolapiano.com